Si parla sempre di rientro dei cervelli e di rientro dei capitali. Si parla meno di rientro di marchi e brevetti. Eppure il 2015 potrebbe essere l’anno che segna per l’Italia una svolta anche in questo versante: l’approvazione del cosiddetto Patent Box, inserito nell’Investment Compact che ha introdotto la legislazione sulle Pmi innovative, apre infatti la strada ad agevolazioni consistenti per i detentori e i produttori di marchi e brevetti. Fino al 50% di detassazione dei redditi derivati dal loro utilizzo, fino al 100% per la loro cessione, nel caso in cui questi redditi vengano reinvestiti entro due anni in altri «intangibles», ovvero quei beni immateriali (come per esempio opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi) che fanno la vera ricchezza delle imprese che innovano. Anche se l’Italia arriva in ritardo, le attese sono grandi. Soprattutto perché si spera in un effetto leva. E ce n’è veramente bisogno se si pensa che nel 2014 dall’Italia sono arrivate solo 4.684 richieste di brevetto europeo: undicesima nazione, con appena l’1,7% delle domande totale. Numeri che segnalano due fenomeni: da una parte brevettiamo poco (mentre al contrario siamo ricchi di pubblicazioni scientifiche), dall’altro molti intangibles italiani sono in realtà allocati all’estero. Quello del Patent Box è stato uno dei temi al centro del Galileo Festival, che ha portato a Padova dal 16 al 19 aprile, sotto la direzione di Massimo Sideri, giornalista del Corriere della Sera, il mondo dell’innovazione italiana. «Il vantaggio fiscale del Patent Box – ha spiegato Francesco Zanotto dello studio Cortelazzo e Soatto – è fissato nell’esclusione da tassazione Ires ed Irap del 50% dei redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, brevetti industriali e marchi commerciali, disegni e modelli. Per quest’anno sarà del 30%, nel 2016% del 40% e a partire dal 2017 arriverà al 50%. A questo si aggiunge una misura che dovrebbe funzionare da volano per l’investimento in ricerca e sviluppo da parte delle imprese, ovvero la detassazione integrale dei redditi derivanti dalla cessione degli intangibles agevolati. A patto che il 90% di questi siano reinvestiti entro 24 mesi nello sviluppo di altri marchi e brevetti ». Spiega Ercole Bonini, esperto di proprietà industriale : «Oltre alla produzione e al rientro in Italia di marchi e brevetti, la legge dovrebbe favorire l’instaurazione di una collaborazione più forte tra impresa e università. Purtroppo c’è un abisso tra la produzione di brevetti, e quindi di innovazione, delle università americane, e quelle italiane. Eppure se ci fermiamo a valutare il numero delle pubblicazioni scientifiche di riviste prestigiose e internazionali, i nostri ricercatori non sfigurano affatto, visto che l’Italia nel 2012 si è piazzata al 4° posto nel mondo. Dati recenti di Nature mostrano che i ricercatori italiani superano in produzione anche quelli statunitensi». Perché quindi un numero così basso di brevetti? Dal lato accademico il problema è noto. «Il sistema di valutazione e di progressione della carriera dei ricercatori negli atenei italiani – spiega il professor Jan Kaspar dell’Università di Trieste – valuta la sola produzione bibliografica, dando un peso scarso, o addirittura nullo, alla produttività tecnologica e quindi ai brevetti». Dal lato delle imprese le ragioni sono forse più culturali e fiscali. Per questo motivo il Patent Box è un altro tassello fondamentale anche per tutte le startup innovative. «Rende più conveniente produrre in Italia prodotti coperti da brevetto, migliorando la competitività del sistema Paese – spiega Giangiacomo Olivi, dello studio legale Dla Piper -. Le startup hanno un motivo in più per rimanere in Italia e tutelare al meglio le proprie produzioni». Le agevolazioni, insieme agli altri elementi chiave al centro del Galileo Festival, tra questi occorre citare i decisi passi avanti dell’agenda digitale, il Made in Italy in ripresa, le eccellenze della robotica e del biotech, hanno animato il dibattito dell’evento che si è svolto nelle suggestive location della città veneta, tra università, Caffè Pedrocchi e Teatro Verdi. Con gli interventi di manager, imprendito r i , esperti, insomma gli esponenti di punta dell’innovazione italiana tra i quali Massimo Banzi, Stefano Micelli, Francesco Caio, Paolo Barberis, Elio Catania, Stefano Beraldo, Paolo Ainio e molti altri. Ad ascoltarli, nell’arco di quattro giorni quasi diecimila persone.
di Peppe Aquaro
da Corriere Innovazione 23 aprile 2015