Il Mattino di Padova -

Galileo L’anno del boom Un’edizione sold out

Un tessuto imprenditoriale che sa essere competitivo perché sa innovarsi. Un’innovazione che si può e si deve raccontare, trasformando anche le complessità in occasioni di condivisione e formazione. E ancora, un’interconnessione tra mondi – scienza, imprenditoria, cultura – mai così vicini, mai così indispensabili l’un l’altro per crescere.
Ha offerto questo e molto altro, in quattro giorni, il Galileo Festival della Scienza e dell’Innovazione che si è chiuso ieri a Padova: l’edizione, pensata e organizzata da Gruppo Nem, ItalyPost e Comune di Padova, ha raccolto uno straordinario successo: per numero di partecipanti – dai mille per il Premio Oscar Nicola Piovani o per Umberto Galimberti e Federico Faggin, fino ai sold out praticamente di tutti gli eventi –, che per qualità di dibattiti proposti, con argomenti ambiziosi come quelli relativi alla space economy, alla biomedicina o all’organizzazione dei processi nelle fabbriche del futuro.
Eppure proprio la complessità, da possibile ostacolo, è diventato stimolo a partecipare: «Il Festival, dopo dodici anni di progressiva crescita, quest’anno è esploso portando migliaia di persone a discutere di temi elevati e di come il nostro tessuto imprenditoriale sia capace di essere più competitivo proprio perché maggiormente capace di innovare», ha confermato Alessandra Pizzi, amministratrice delegata di Post Eventi. «Una visione interconnessa della realtà è proprio ciò che abbiamo ricercato nell’ideare questo Festival», sottolinea Giovanni Caprara, direttore scientifico della kermesse, che ha visto come curatore Antonio Maconi. «Non è più tempo di vedere e vivere le cose in maniera parcellizzata. Il Galileo ha dato un contributo importante nell’andare oltre la cortina di fumo di un’informazione spesso disconnessa e confusa».
«Fare rete e guardare all’innovazione, fondamenti di questo Festival, sono d’altra parte vocazioni insite in una città come Padova, e fanno parte da sempre del nostro asset strategico, che sia applicato all’ambiente, alla sostenibilità o alla cura della persona: questa è stata un’occasione importante e soprattutto riuscita per confermarlo», il pensiero del sindaco di Padova, Sergio Giordani.
«Ormai da tempo il Nordest si mette in luce quando si parla di innovazione», spiega Monica Fedeli, prorettrice alla Terza missione dell’Università di Padova, «e il Galileo ha dato un contributo importante a far sì che – guardando al tema dell’innovazione – scienza, imprese e contesto locale potessero approfondire un dialogo alto». «La contaminazione di diversi saperi, come quella vista al Festival, è il modo migliore per creare una sorta di comunità scientifica che veda partecipi i portatori di diversi interessi», aggiunge Fabrizio Dughiero, direttore del Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università. Nelle variegate platee dei tanti eventi, molti erano peraltro gli studenti dell’Ateneo, spesso propositivi anche nei dibattiti finali con gli ospiti: «Ho toccato con mano, da relatore e da spettatore, una partecipazione che definirei profonda e intensa: il Fest ival si è confermato una grande opportunità per l’intera città», il pensiero di Rosario Rizzuto, ordinario di Patologia generale, ex rettore e direttore del Centro Nazionale per lo sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA.
Le giornate del Festival, per il presidente della Camera di Commercio, Antonio Santocono, hanno ribadito «che è ormai superato il tabù che voleva innovazione, scienza e imprese come mondi separati: ci sono ponti solidi tra queste realtà, città come Padova e occasioni come il Galileo ce lo ricordano concretamente». Il vero ponte consolidato dal Festival passa d’altra parte attraverso un territorio vasto, «e così deve essere», ricorda Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo. «È inutile parlare di innovazione, che sia applicata al mondo della ricerca o dell’economia, se non si crea prima un ambiente favorevole: il Festival Galileo ha programmato e realizzato un ambiente davvero capace di accogliere questa crescita collettiva».
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