Come accade spesso con gli imprenditori, persone pratiche per necessità, Antonio Santocono professa ottimismo e prudenza allo stesso tempo: «Padova è sembrata spesso sul punto di scavalcare la cima per poter poi correre in discesa verso i suoi obbiettivi. Alcune delle difficoltà che l’hanno frenata in passato esistono tuttora ma oggi, assieme alle ambizioni, ci sono anche le condizioni per potercela finalmente fare», dice il presidente della Camera di Commercio.
L’ambizione che a Padova corre sottotraccia nei giorni del festival Galileo è diventare l’avamposto di quell’innovazione che il sistema produttivo del Nord Est chiede a gran voce. È un’ambizione che anima molte istituzioni, che si muovono in parte attraverso progetti comuni, in parte seguendo ognuna i propri percorsi. L’Università di Padova, ad esempio, ha inserito tra le proprie missioni non solo la didattica e la ricerca, ma anche le ricadute che devono contribuire al benessere del territorio. La Fondazione Cariparo, l’ente non-profit che gestisce il patrimonio ereditato dalle antiche casse di risparmio, ha tra le proprie linee strategiche d’intervento «la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo del territorio». E ancora, il Comune e la Camera di Commercio hanno unito le forze e assieme all’Università, dopo anni di laboriosi preparativi, stanno materialmente edificando quello che viene chiamato “il kilometro dell’innovazione”, dove coabiteranno le istituzioni coinvolte nel dare slancio al salto tecnologico del territorio.
Per raccontare i punti di forza della città, Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo, parte dalle aspirazioni un po’ appassite del passato: «Se andiamo indietro di qualche decennio, possiamo ricordare che Padova ambiva a diventare la Milano del Veneto. Aveva la Fiera, era un rilevante centro finanziario, sembrava poter vivere da protagonista lo sviluppo della manifattura, dove poi è stata superata da Treviso e Vicenza», dice.
L’asso nella manica che la città conserva, tuttavia, «è un’università generalista in grado di far coesistere una ricerca di base di alto livello, guidata dalla curiosità scientifica, ma allo stesso tempo determinante per far germogliare le idee imprenditoriali».
In questo processo Cariparo ha deciso di fare da ponte fra l’accademia e il tessuto delle imprese, attraverso diversi strumenti: i finanziamenti per la ricerca d’eccellenza, le iniziative per attrarre scienziati di chiara fama permettendo loro di costruire qui i propri team di ricercatori, i dottorati in azienda finalizzati a rendere immediata la collaborazione tra ricercatori e imprese. «A Padova va riconosciuta la peculiarità di una certa concordia fra istituzioni, per nulla scontata», osserva Muraro.
Fare da fulcro allo sviluppo è un proposito che l’Università coltiva in modo chiaro. «Il nostro obbiettivo è valorizzare la ricerca e renderla accessibile alle persone e alle imprese», dice Monica Fedeli, prorettrice per la terza missione, ovvero il dialogo con il territorio e con le istituzioni che possono corroborare questo impegno.
Due fronti sono gli spin off universitari e i brevetti. I primi sono 61, poco più della metà d’età compresa fra i 4 e i 10 anni. «Gli spin off sono concentrate in settori come i servizi per l’innovazione, l’energia e l’ambiente, le tecnologie biomedicali e l’automazione industriale. Alcuni hanno già raggiunto risultati economici di rilievo», racconta Fedeli.
L’altro strumento è per l’appunto quello dei brevetti: i ricercatori vengono supportati fino alla richiesta di deposito, poi di nuovo se si tratta di individuare potenziali acquirenti. Oggi i brevetti registrati sono 400, i nuovi una trentina l’anno. «Tra spin off e brevetti abbiamo già un buon parterre. L’obbiettivo ora è alzare sempre più la qualità, per individuare le innovazioni che permettono di fare davvero la differenza e rendere il territorio sempre più innovativo e attrattivo», spiega Fedeli.
Chi oggi costeggia la Fiera di Padova può osservare il cantiere in rapido avanzamento del nuovo Hub, come si chiama la struttura che ospiterà prima i nuovi spazi della facoltà di ingegneria e poi, via via, gli edifici che permetteranno di completare il cosiddetto kilometro – o boulevard – dell’innovazione. L’elenco comprende una serie di istituzioni che già funzionano, lo Smact Competence Center, il Galileo Visionary District e Le Village del Credit Agricole, in un’area che andrà dalla stazione ferroviaria al futuro ospedale.
Il progetto è partito sette anni fa, quando Comune e Camera di Commercio hanno fatto la scommessa di riacquistare la Fiera, trasformandola da problema economico in progetto di sviluppo, simboleggiato anche nel nuovo nome di Padova Hall . Un progetto che ha preso forma strada facendo, riempiendosi via via di contenuti.
Margherita Cera, assessora all’Agenda Digitale, inquadra l’operazione in un contesto più ampio, con il Comune che ha puntato su diversi progetti di digitalizzazione, arrivando nel 2023 a un soffio dal riconoscimento di “rising innovative city” d’Europa, dietro la svedese Linköping. «Questa esperienza ci ha dato moltissimo, ci ha messo in contatto con altre realtà di livello europeo e ha generato occasioni di scambio. Ora vogliamo dimostrare di essere la città dove l’innovazione può essere sperimentata», dice Cera, che sceglie per Padova la definizione di «periferia competitiva»: «Il capitale umano c’è, ogni giorno tra studenti e lavoratori entrano in città trecentomila persone. È dunque a una comunità di mezzo milione di persone a cui guardiamo», osserva Cera.
«Il kilometro dell’innovazione», dice il presidente della Camera di Commercio, Antonio Santocono, «sarà la rappresentazione di quello che siamo capaci di fare. L’università è il luogo dove nascono le idee, le altre istituzioni presenti le aiuteranno a strutturarsi come imprese e a stabilirsi qui». Potrà contribuire al salto tecnologico di tutto il Nord Est? La risposta di Santocono è positiva: «Sarà un test, che mostrerà ad altre città come possono muoversi e avviare lo sviluppo di una rete di hub dell’innovazione. A Milano nell’area dell’Expo sono confluiti investimenti per 6,5 mi liardi di euro. Qui non possiamo avvicinarci a quelle risorse ma se collaboriamo con chi condivide i nostri piani possiamo farcela».